Far da sé, un buon rimedio contro la schiavitù digitale

Quei 418 messaggi che non ho letto. Sono arrivati in tre giorni sul mio telefono. Se rispondessi a tutti, mi resterebbe tempo? La tecnologia sottrae spazio per vivere, amare, leggere: siamo servi della gleba digitale”. Ci colpiscono queste parole e ci portano ancora una volta a riflettere sull’argomento: anche per molti di noi, che non hanno stuoli di seguaci, la situazione è analoga a quella descritta nelle righe precedenti dallo scrittore Claudio Magris e si pensa subito al tempo sprecato a cestinare email che nell’economia della giornata diventa veramente importante.

Ma non è solo questo: purtroppo la malattia dell’essere sempre connesso, guardando ossessivamente il cellulare per vedere se sono arrivate email o altri messaggi, ha contagiato tutti ed è la regola ormai vedere ai tavoli di ristoranti e caffè persone che non parlano fra loro, ma comunicano con invisibili interlocutori via smartphone quasi ininterrottamente, dall’antipasto al dessert. Tutto questo sottrae tempo a una vita reale fatta di contatti verbali diretti, contatti fisici, movimento, incontri, letture e aggiungerei concreto FARE.

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